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Liturgia eucaristica
Liturgia eucaristica
Come un Ostensorio vivente
A descrivere la Messa di Padre Pio ci hanno provato in tanti, «ma nessuno è riuscito a tratteggiare, in tutta la sua misteriosa realtà, ciò che per cinque decenni è avvenuto ogni mattina sull'altare, a San Giovanni Rotondo». Se ad affermarlo è fra Modestino da Pietrelcina, che in tante occasioni fece da "chierichetto" al Padre e che ne è stato forse il figlio prediletto, bisogna credergli. Non resta allora che affidarsi al suo ricordo appassionato di una liturgia che poteva durare anche due-tre ore, fino a quando non venne ridotta a una mezz'oretta per disposizione del Sant'Offizio.
Innanzitutto la preparazione: «Appena giunto in sacrestia per indossare i paramenti sacri, avevo l'impressione che già non s'accorgesse più di ciò che avveniva intorno a lui. Il suo viso, apparentemente normale nel colorito, diventava paurosamente cereo nel momento in cui indossava l'amitto. Da quell'istante non dava più retta a nessuno. Indossati i sacri paramenti, si avviava all'altare. Nel breve tragitto il suo passo diventava più strisciante, il volto dolorante. Giunto all'altare, lo baciava teneramente ed il suo viso cereo s'incendiava».
Al confiteor, prosegue fra Modestino, «come se si accusasse di tutti i peggiori peccati commessi dagli uomini, si batteva il petto con sordi e forti colpi». Al Vangelo «le sue labbra, annunciando la parola di Dio, sembrava che di quella parola si cibassero, gustandone l'infinita dolcezza. Subito dopo iniziava l'intimo colloquio con l'Eterno. Padre Pio, che aveva ricevuto dal Signore il dono della contemplazione, entrava negli abissi del mistero della redenzione».
In quei momenti il Padre viveva realmente nella propria carne la passione di Cristo: «All'elevazione il suo dolore raggiungeva i] culmine. Nei suoi occhi leggevo l'espressione di una madre che assiste all'agonia del figlio sul patibolo, che lo vede spirare e che, strozzata dal dolore, muta, ne accoglie il corpo esangue tra le braccia. Vedendo il suo pianto, i suoi singhiozzi, temevo che il cuore gli scoppiasse, che stesse per venir meno da un momento all'altro».
Giunto alla comunione, finalmente si rasserenava. Racconta ancora fra Modestino: «Trasfigurato, in un appassionato, estatico abbandono, si cibava della carne e del sangue di Gesù. Padre Pio rimaneva come stordito a gustare le divine dolcezze che solo Gesù eucaristico sa dare. Al termine della Messa, il Padre bruciava di un fuoco divino appiccato da Cristo alla sua anima, per attrazione». E allora «un'altra ansia lo divorava: quella di andare in coro per restare raccolto col suo Gesù nell'intima, silenziosa lode di ringraziamento».
In questi momenti Padre Pio confidava ai più intimi: «Se fosse in mio potere non scenderei mai dall'altare». Una sua convinzione costantemente espressa era infatti che «il mondo potrebbe stare anche senza sole, ma non senza la santa Messa!». E in una lettera del 1917 al direttore spirituale padre Agostino da San Marco in Lamis, scritta mentre era ricoverato in ospedale a Napoli per verificare l'idoneità al servizio militare, rivelò: «Sono estremamente sconfortato per l'unica ragione che qui non si può celebrare, perché manca la cappella e fuori non ci è permesso uscire. Che desolazione!».
Ai sacerdoti, come ricorda don Nello Castello, «insegnava a dividere la giornata in due parti: fino a mezzogiorno offrire le singole ~zioni in ringraziamento della Messa celebrata e dopo mezzogiorno in preparazione alla Messa del giorno dopo». Questo suggerimento, del resto, non era altro che quanto lo stesso Padre Pio praticava, secondo la testimonianza dell'assistente personale che lo affiancò negli ultimi anni di vita, padre Onorato Marcucci: «Andavo ad alzarlo alle ore 1.30 e, dopo un po' di pulizia, lo accomodavo sulla poltrona. Cpn una luce fioca stava così fino alle 4, ora in cui lo accompagnavo in sacrestia. Parecchie volte gli domandavo: "Perché si alza così presto? E che cosa fa?". "Mi preparo per la santa Messa", rispondeva. "Ma non le sembra esagerato che per prepararsi alla Messa deve alzarsi dal letto 3 ore prima?". E lui replicava:
"Ma che sono 3 ore! Ce ne vorrebbero 12 per prepararsi a celebrare il Sacrificio!"».
La Messa di Padre Pio era la quotidiana prova della verità di quanto egli diceva a padre Innocenzo Cinicola Santoro e ad altri confratelli, in occasione degli anniversari di ordinazione sacerdotale:
«Per celebrare bene bisogna essere un altro Gesù». E grande era la sua gioia a ogni ricorrenza della propria ordinazione, come è ad esempio testimoniato dalla lettera del 9 agosto 1912 a padre Agostino: «Mentre io scrivo dove vola il mio pensiero! Al bel giorno della mia ordinazione. Domani, festa di San Lorenzo, è pure il giorno della mia festa. (...) Vado paragonando la pace del cuore, che sentii in quel giorno, con la pace del cuore che incomincio a provare fin dalla vigilia, e non ci trovo nulla di diverso. Il giorno di San Lorenzo fu il giorno in cui trovai il mio cuore più acceso di amore per Gesù».
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